martedì 17 novembre 2015

SUNPOCRISY - Interview


Intervista a cura di Michela 

Dopo averlo ascoltato era impensabile non approfondire con gli stessi autori questo meraviglioso album.
Jonathan Panada (Guitars & Vocals) e Stefano Gritti (Synth, Live Visuals and Backing Vocals) ci svelano la formula di "Eyegasm, Hallelujah!".

LFdM: Grazie per averci concesso questa intervista, ma soprattutto per averci regalato questo meraviglioso album, è stato veramente piacevole da ascoltare ma anche una sfida a comprenderlo nella sua interezza. Quando parlo di comprensione non mi riferisco alla semplice classificazione degli album “intellettuali” , però a questo proposito sarei curiosa di conoscere il vostro pensiero.
J: Ciao Michela, grazie per le bellissime parole, siamo sempre felicissimi quando qualcuno riesce ad apprezzarci in modo così viscerale!
Credo che E|H sia un album complesso dal punto di vista degli arrangiamenti, del concept e del minutaggio; tuttavia risulta melodicamente più scorrevole del precedente Samaroid Dioramas. Esso già conteneva il seme della stratificazione degli strumenti che ci caratterizza: amiamo molto creare pattern particolari capaci di creare melodie uniche che talvolta possono risultare un po’ ostiche o complesse all’ascolto. Personalmente, i dischi che preferisco sono quelli che richiedono più di un ascolto per essere apprezzati, di solito ti permettono di scoprirli piano piano e di appassionartici totalmente.

LFdM: SUNPOCRISY, realtà italiana, una bella realtà italiana aggiungerei. Dalle recenti dichiarazioni ho letto che Matt (il vostro chitarrista) ama moltissimo le forme frattali, potrei stare ore a parlare di questo universo. Cosa accomuna questo universo affascinante alla vostra band, ed alla vostra musica.
J: La nostra musica è fortemente influenzata dalla componente matematica che caratterizza il genere progressive. Ci siamo ritrovati più volte a scrivere e dover conteggiare riff con serie di numeri invece che notazioni standard, metodo che ormai è diventato piuttosto tipico nel metal contemporaneo. I frattali sono ricorrenti visualmente nella copertina di Eyegasm Hallelujah! ma l’intero concept di Samaroid Dioramas gravitava musicalmente intorno a queste rapporti che regolano la composizione dell’universo. Basti pensare all’assolo della title-track che era creato a partire dalle melodie fondamentali del trittico Samaroid/samaroid-dioramas/Dioramas.

LFdM: Moderno e modernità: qual è stato il percorso sia artistico che spirituale che ha portato a produrre un album come Eyegasm, Hallelujah?
J: Tutto ciò che sta dietro a E|H è stato frutto di 3 anni di lavoro e tutto ciò che ne consegue. Siamo cresciuti, siamo cambiati e sono cambiate alcune cose all’interno del gruppo, alcune belle ed altre meno. Credo che tutti questi fattori, volontariamente o no, abbiano influenzato il nostro modo di comporre, di lavorare e di stabilire cosa volevamo da questo disco. Ora che il disco è uscito, se lo riascolto credo di poter affermare che siamo andati nella direzione giusta, giusta per noi, era quello che ci sentivamo di fare e trovo che il nostro cammino sia coerente con quando abbiamo fatto in passato, ma guardi anche al futuro. Un’evoluzione, cosa per noi fondamentale.

LFdM: “La disperata ricerca della metà perfetta”, quando ho ascoltato il vostro disco e letto la storia ad esso legata, ho pensato al “Simposio di Platone” ed il mito delle metà. Mi prenderete per pazza, ma nel mio subconscio mi sono creata la mia personale chiave di lettura, ma esiste veramente una chiave di lettura di questo album?
J: La chiave di lettura del concept di E|H è complessa pertanto si presta a molteplici interpretazioni personali. Da sempre, i nostri testi sono pregni di metafore e riferimenti a tematiche di ogni tipo, che forniscono delle indicazioni su ciò che stiamo dicendo e come si sviluppa la storia che stiamo narrando, dando però libero spazio alla mente dell’ascoltatore di trovare un sua personalissima interpretazione di essi.

LFdM: Ci sono moltissimi riferimenti classici, straordinarie le parti di piano forte, ecco volevo sapere se in questo caso la tecnologia è stata fondamentale o se vi sono da parte di qualcuno di voi delle basi di musica classica.
S: Nel mio caso è stato un lavoro misto, quindi sia al computer che su sintetizzatori fisici. Ma in ogni caso si, la tecnologia è stata fondamentale, in ogni sua forma. Per questo disco ho utilizzato diverse macchine, vecchie di 30 anni come di 3 e molteplici software, curando ogni singolo aspetto e aprendomi un mondo che non avevo mai esplorato, non in questa maniera, e dal quale non avevo mai estrapolato chissà cosa. Ringraziandoti per l’aggettivo “straordinarie”, questa volta mi ritengo molto soddisfatto del risultato finale! Per quanto riguarda lo studio della musica: si, personalmente ho sempre cercato di portare avanti il discorso prima con la chitarra, poi con il canto e ora con il pianoforte; non si smette mai di imparare!

LFdM: Come ogni adolescente anche voi avrete iniziato da qualche parte immagino, che tipo di musica o forma di arte in generale vi ha influenzato? E se i singoli caratteri hanno in qualche modo aiutato a trovare la vostra personale forma di arte.
J:  Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia dove la musica ha sempre avuto un ruolo molto importante, da sempre attorniato da strumenti musicali e musicisti. Credo che questo, già in fase adolescenziale, mi abbia dato una spinta ad appassionarmi e a voler imparare a suonare. Poi, come tutti i ragazzini, si passano le varie fasi dove si ascoltano solo 3 gruppi e si pensa che non ci sia nient’altro, o dove si ascolta di tutto ( e di fatto non si ascolta niente), per poi crescere e cambiare ancora; penso sia un percorso comune a molti musicisti o appassionati di musica.
Inoltre, sia io che Matteo (chitarrista) siamo cresciuti insieme, frequentando scuole ad indirizzo artistico che hanno sicuramente affinato la nostra sensibilità e creato in noi l’interesse per le più disparate forme artistiche, cosa che si rispecchia in ciò che creiamo, non solo musicalmente, ma anche a livello visivo/concettuale.

LFdM: Il pubblico alla fine è la grande giuria, che tipo di approccio cercate con loro?
J:   Il più semplice e diretto possibile. Non siamo rockstar e non vogliamo comportarci come tali.
Ci piace parlare con tutti e confrontarci, siamo 6 ragazzi semplicissimi che fanno quello che gli piace, nulla più. Come dici tu, il pubblico è la grande giuria, noi comunichiamo con loro attraverso la nostra musica e il messaggio che vogliamo portare. La nostra speranza è che venga sempre percepito e vissuto come lo viviamo noi, dobbiamo essere estremamente grati a tutte quelle persone che ci seguono, ci supportano e apprezzano ciò che facciamo. Non c’è nulla di più appagante del constatare che qualcosa di tuo, che stai facendo prima di tutto per te stesso (e che a volte pensi possa essere compreso solo da te) venga invece assimilato e interiorizzato a tal punto, da vedere le tue stesse emozioni riflesse in chi ti sta ascoltando.

LFdM: I Sunpocrisy continueranno a generare forme all’interno di altre forme o proverete ad uscire da questo vortice per cercare nuovi spunti?
J: Con E|H abbiamo chiuso un concetto iniziato con S|D. Cosa faremo ora non lo sappiamo ancora, ma sicuramente cercheremo nuovi spunti, soprattutto concettuali, per portare avanti quello che è il nostro modo di comporre e di scrivere, anche se non sappiamo in che direzione andremo.
S: Abbiamo già cominciato a raccogliere delle primissime idee ma sono ancora troppo embrionali per capire se saranno poi sviluppate e in che modo, staremo a vedere. Ora stiamo lavorando per il release party e le prime date del tour, poi avremo tempo da dedicare anche al futuro!

LFdM: grazie di cuore e a presto!

Qui la nostra recensione. 
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